LECTIO DIVINA SUL VANGELO DOMENICALE - 13

22 gennaio 2017 – 3ª domenica del Tempo Ordinario
Ciclo liturgico: anno A

Gesù predicava il vangelo del Regno e guariva ogni sorta di infermità nel popolo

Matteo 4,12-23 (Is 8,23-9,3 - Salmo: 26 - 1 Cor 1,10-13)

O Dio, che hai fondato la tua Chiesa sulla fede degli Apostoli, fa' che le nostre comunità, illuminate dalla tua parola e unite nel vincolo del tuo amore, diventino segno di salvezza e di speranza per tutti coloro che dalle tenebre anelano alla luce.



12 Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea,
13 lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,
14 perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
15 Terra di Zebulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!
16 Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta. (Is 8,23-9,1)
17 Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”.
18 Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.
19 E disse loro: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”.
20 Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
21 Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò.
22 Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
23 Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.



Spunti per la riflessione
Venite dietro di me.
Venite dietro di me.
Detta così, senza lucine, senza aureole, senza musichetta d’ambiente.
E lui non è questo guru carismatico che smuove le folle. È uno che è scappato perché teme di fare la fine del Battista. Ma non torna a Nazareht, non si chiude nelle grotte sperando di non essere scoperto. Hanno ucciso il Battista, certo, e non tira certo una buona aria per profeti e affini.
Ma lui osa, lascia casa, si insedia in questo piccolo borgo di pescatori diventato importante perché diventato una zona di confine.
Confine fra i regni di due dei figli di Erode, in un luogo che già era considerato un confine fra credenti e pagani, fra giudei e pagani, confine segnato da quel grande lago la cui sponda orientale era in mano ai pagani.
Venite dietro di me.
Dice a quei pescatori tornati a casa dopo una faticosa notte di lavoro.
E lo guardano perplessi, senza sapere bene cosa fare, loro, abituati alle notti insonni, al legno che odora di pece, alle reti da sistemare e il pesce da vendere appena sbarcati.
Venite dietro di me.
Proprio quando dovrebbe stare in silenzio e buono, senza farsi riconoscere, senza cercare compagni.
Ma così è Dio.
Brucia.
Venite dietro di me.

Sguardi
Vede due fratelli. Poi altri due.
Sembrano pescatori, sono identificati, come noi, da ciò che fanno.
Gesù vede oltre, il suo sguardo legge oltre l’apparenza. Simone il cocciuto non sa ancora di essere Pietro. Giovanni non sa ancora di essere un boanerghes, capace di far tuonare la Parola.
Nemmeno noi sappiamo bene cosa siamo finché non ci mettiamo alla sequela del Signore, finché non abbiamo il coraggio di lasciare tutto, di osare, di credere, di vedere anche noi ciò che Dio solo vede. Il meglio di noi stessi. Il meglio di me.
Venite dietro di me, ci ripete, oggi, il Signore. Anche se non ne siamo degni, anche se abbiamo affondato i nostri sogni nel profondo del mare dell’abitudine, anche se ci siamo rasseganti a restare con le reti vuote. Venite dietro di me, ci dice colui che ci conosce fino in fondo.
Il solo, forse, che ci conosce. Il solo che ci ama senza condizioni, senza misura, senza tentennamenti.
Si fida di noi, di me. Potrebbe farne a meno, ma chiede il nostro aiuto. Il mio.
Ha un obiettivo, il Signore, andare a Zabulon e Neftali.
Le prime due tribù cadute sotto il dominio degli Assiri, secoli prima. Terre perdute. Periferie della storia, inutili e dannose, sporche e compromesse.
Ha bisogno di pescatori di umanità in tutte le periferie con cui veniamo a contatto.
Forse non partiremo mai per le missioni estere. Né troveremo tempo e coraggio per fare volontariato. E la nostra vita si consumerà tutta intorno a quella piccola barca, senza trovare veramente il coraggio di andare.
Ma che importa? Se sapremo tirar fuori tutta l’umanità che portiamo nel cuore.
Lasciando la casa di nostro padre, cioè le nostre esperienze precedenti. Abbandonando le reti, cioè i legami, invece di passare il tempo a riannodarli.
Discepoli liberi per creare uomini e donne liberi, infine.



Il Regno
Venite dietro di me.
Per raccontare l’essenziale.
Poche frasi, pochi concetti. Dio si è fatto presente, si è reso accessibile, è vicino, si fa vicino, accorgitene, convertiti.
Cioè cambia sguardo, prospettiva, direzione, opinione.
Cambia perché Dio è diverso e la tua vita è diversa, tu sei diverso.
Il Regno si è fatto vicino, è a portata di mano.
Il Regno che è la scoperta dell’amore come unica e somma legge che regola l’Universo e le nostre vite. L’amore che regge ogni cosa. E l’amore, allora guarisce. Gesù parla e la sua Parola guarisce, mi guarisce, ci guarisce.
Perché è una Parola creativa, nuova e inattesa, gravida e feconda.
Così cominciamo questo anno.
Da discepoli.

Venite dietro di me.
Eccoci, Signore, se ancora ci vuoi, fragili e deboli, feriti e claudicanti, eccoci.
Pronti a raggiungere le periferie che tu ami abitare, perché, buon Dio!, le conosciamo così bene quelle periferie! Ci abbiamo vissuto da tempo. Le abbiamo esplorate, ci abitano, ci danno identità.
Eccoci, Signore, fragili come Pietro e Andrea, come Giacomo e Giovanni, eppure ancora disposti a diventare pescatori di umanità, a far germogliare tutta l’umanità che portiamo nel cuore e che tu hai onorato e santificato diventando uomo.
Eccoci.

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L’Autore

Paolo Curtaz
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Esegesi biblica

IL PRIMO ANNUNCIO NELLA GALILEA (4, 12-17)
Siamo all’inizio del Vangelo di Matteo. Dopo l’introduzione costituita dal “Vangelo dell’infanzia”, la missione di Gesù – preparata dalla predicazione del Battista (3,1-12), dal battesimo al Giordano (3,13-17) e dalle tentazioni nel deserto (4,1-11) – ha finalmente inizio.
Matteo collega esplicitamente il ministero pubblico di Gesù con il Battista, anzi Gesù inizia la sua missione proprio quando Giovanni interrompe la sua predicazione: “Avendo saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea”.
Gesù inizia la sua missione in continuità ideale con il Battista: “convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”.
L’annotazione dell’evangelista “avendo saputo che Giovanni era stato arrestato” va oltre il semplice significato cronologico. È già una prefigurazione della sorte che attende lo stesso Gesù: come tutti i profeti e come Giovanni Battista, anch’egli subirà il martirio.
Secondo la tradizione, il luogo in cui Giovanni battezzava non era lontano dalla foce del Giordano nel Mar Morto, e Gesù subito dopo il battesimo si sarebbe ritirato a pregare sul “Monte della Quarantena” a ovest di Gerico, ai margini del deserto di Giuda.
In quale luogo Gesù comincia la predicazione? Abbiamo già detto che Gesù da Nazaret era sceso nella Giudea per farsi battezzare da Giovanni nel fiume Giordano. Dalla Giudea, dopo i quaranta giorni di preghiera nel deserto, “saputo dell’arresto di Giovanni”, Gesù si sposta in Galilea, non più a Nazaret (la sua città) ma a Cafarnao, sulla riva settentrionale del lago di Tiberiade.
Queste annotazioni (“si ritirò nella Galilea e venne ad abitare a Cafarnao”) non obbediscono a un semplice desiderio di precisazione geografica, ma riporta un fatto che senza dubbio costituì per le attese religiose del tempo una sorpresa, se non uno scandalo. Difatti era logico aspettarsi che l’annuncio messianico partisse dal cuore del giudaismo, cioè da Gerusalemme, e invece partì da una regione periferica, generalmente disprezzata e ritenuta contaminata dal paganesimo (“Galilea dei Gentili”). Tanto è vero che Matteo sente il bisogno di spiegare questa scelta di Gesù, citando per esteso un passo del profeta Isaia (8,23-9,1 - Prima Lettura) e per Matteo il compimento di un’antica profezia è il segno rivelatore del messianismo di Gesù: un messianismo universale che rompe con decisione ogni forma di particolarismo.

L’annuncio di Gesù (4,17) è riassunto da Matteo in una formula identica a quella del Battista, ed è di estrema sintesi: “Convertitevi perché il del Regno di Dio è vicino”.
Questo aspetto programmatico di Gesù sottintende il programma della Chiesa. Gesù afferma due cose che sono esattamente le due azioni fondamentali della sua missione: annunciare il Vangelo e chiamare dei discepoli. E la seconda è subordinata alla prima: i discepoli vengono scelti e preparati dal Signore perché dopo di lui il Vangelo sia annunciato a tutti gli uomini.
Questo annuncio (“Convertitevi, perché…”) è la parola che tutti gli uomini hanno diritto di ascoltare, perché è la verità che si aspettano nel profondo del loro cuore, anche quando credono di non credere, anche quando bestemmiano il suo nome. Perché questo Dio (regno) “vicino” dice un’attenzione paterna, una presenza piena di premura verso l’uomo.
“È vicino” vuol dire che lo puoi toccare con mano, sperimentare: è Gesù il regno, in lui Dio si fa vicino agli uomini per sanarli dai loro mali, per introdurli nella verità.


L’annuncio di Gesù, accompagnato da gesti che lo confermano appieno, suscita negli uditori, come vedremo più avanti, due atteggiamenti contrastanti: l’accoglienza e il rifiuto, conversione ma anche negazione. La missione di Gesù provoca salvezza ma anche indurisce i cuori: la verità di Dio non vuole imporsi alla coscienza dell’uomo, e proprio questo genera anche, quel rifiuto ostile che culminerà nel progetto di eliminare Gesù sulla Croce.


LA VOCAZIONE DEI PRIMI DISCEPOLI (4, 18-22)

Sulle rive del “mare di Galilea” (il lago) Gesù incontra e chiama i primi discepoli. Sono due coppie di fratelli, tutti pescatori (Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni) intenti al loro lavoro. L’appello di Dio raggiunge gli uomini nel loro ambiente ordinario, nel loro posto di lavoro. Nessuna cornice “sacra” per la chiamata dei primi discepoli, ma lo scenario del lago e lo sfondo della dura vita quotidiana.
Nel racconto emergono due tratti: la condivisione (il discepolo è chiamato a condividere la via del Maestro: “Seguimi”) e il distacco (drastico e immediato: “e subito lasciarono le reti”). Nessun indugio per il discepolo di Gesù e nessun rito di addio, ma “subito”.
Ma i tratti essenziali – che già definiscono compiutamente la figura del discepolo (il resto del Vangelo non farà altro che precisarla) – sono quattro:

PRIMO: la centralità di Gesù. Sua è l’iniziativa (vide, disse loro, li chiamò): non è l’uomo che si proclama autonomamente discepolo, ma è Gesù che trasforma l’uomo in un discepolo. E ancora: il discepolo non è chiamato a impossessarsi di una dottrina, ma a solidarizzare con una persona (“seguitemi”). Al primo posto l’attaccamento alla persona di Gesù, tanto è vero che il discepolo evangelico non intraprende un tirocinio per divenire a sua volta un maestro: egli rimane sempre un discepolo, perché uno solo è il Maestro.

SECONDO: la sequela di Gesù esige un profondo distacco. La chiamata di Pietro e Andrea e la chiamata di Giacomo e Giovanni sono costruite secondo la medesima struttura e sostanzialmente secondo lo stesso vocabolario. C’è però una differenza non trascurabile: nel primo racconto si dice che lasciarono “le reti” e nel secondo che lasciarono “la barca e il padre”. C’è dunque un crescendo: dal mestiere alla famiglia. Il mestiere rappresenta la sicurezza e l’identità sociale. Il padre rappresenta le proprie radici.

TERZO: la sequela è un cammino. A partire dall’appello di Gesù, essa si esprime con due movimenti (lasciare e seguire) che indicano uno spostamento del centro della vita. L’appello di Gesù non colloca il discepolo in un luogo, ma lo pone in cammino.

QUARTO: la sequela è missione. Due sono le coordinate del discepolo: la comunione con Cristo (“seguitemi”) e la corsa verso il mondo (“vi farò pescatori di uomini”). La seconda nasce dalla prima. Gesù non colloca i suoi discepoli in uno spazio separato dagli altri, ma li incammina sulle strade degli uomini. Più avanti si comprenderà che la via del discepolo è la croce.